Formazione e (ri)qualificazione per il futuro del lavoro – 2
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Formazione e (ri)qualificazione per il futuro del lavoro – 2

Da qui al 2025 ci sono 70mila opportunità di lavoro da occupare attraverso l'adeguamento delle competenze

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Pubblicato il 11 Maggio 2022

In quella che il ricercatore Elio Montanari, davanti alla platea del convegno della Cisl bresciana riunita nell’Auditorium “Capretti” (QUI la prima parte del resoconto), ha definito una “dinamica effervescente del mercato del lavoro nel Bresciano” c’è una conferma del valore e al tempo stesso del problema della flessibilità: 3 contratti su 4 dei nuovi avvii al lavoro registrati nel 2021 sono contratti a tempo determinato, in somministrazione o a progetto.

La flessibilità è stata uno strumento che ha accompagnato la resilienza del sistema economico e produttivo messo sotto stress dagli effetti dell’emergenza sanitaria. Lo ha ricordato un osservatore attento e documentato come Dario Di Vico: “Ieri sono stati diffusi i dati della produzione industriale sul primo trimestre dell’anno, dati che smentiscono un certo catastrofismo con cui nel nostro Paese si affrontano le cose. Confindustria prevedeva un -2% e qualche altra associazione imprenditoriale -2,5%: ieri i dati ci dicono che la produzione industriale è rimasta invariata. Le esportazioni non sono crollate, anzi. La manifattura tiene, perché le catene di valore del lavoro italiano si sono rivelate insostituibili”. Piuttosto che inseguire le Cassandre del Sistema Italia, che trovano vasta eco grazie all’approssimazione dei mass media italiani – ha detto ancora l’editorialista – “occorre concentrarsi sul far crescere il valore del rapporto impresa-lavoro”.

 

Un patto per il lavoro a Brescia

Ed è in questa direzione (anche per fare in modo che siano le competenze a far passare dalla precarietà alla stabilità) che vanno iscritti gli sforzi per i percorsi di qualificazione, aggiornamento, adattamento del “capitale umano” che è componente determinante del sistema economico e produttivo. “Un patto per il lavoro a Brescia – ha affermato Paolo Reboni, che nella Segreteria provinciale della Cisl segue le problematiche del mercato del lavoro – rappresenterebbe un segnale importante per una contrattazione sempre più attenta alla necessità delle politiche attive”.

 

Anticipare le questioni per essere in grado di affrontarle al meglio

“Le previsioni dell’impatto della transizione ecologica sui settori industriali sono molto impegnative dal punto di vista occupazionale: – aveva ricordato in apertura di convegno il segretario generale di Cisl Brescia Alberto Pluda – se la produzione di un’auto elettrica richiede il 20% di manodopera in meno rispetto alla produzione di un’auto convenzionale, se in siderurgia per produrre una tonnellata di acciaio con tecnologie sostenibili sarà sufficiente il 20% dell’attuale forza lavoro, occorre agire da subito sulla sostenibilità per evitare pesanti conseguenze sociali. Le politiche attive per il lavoro sono dunque la grande sfida che abbiamo di fronte. Nessuno degli attori in campo può affrontarla e vincerla da solo. Abbiamo bisogno di consolidare collaborazioni e a crearne di nuove, consapevoli dell’importanza di risposte integrate, proattive, capaci cioè di anticipare le questioni per essere in grado di affrontarle al meglio”.

 

In connessione con il mondo del lavoro reale

Matteo Berlanda, presidente di IAL Lombardia – ente di formazione della Cisl con una storica presenza a Brescia, ha richiamato l’attenzione sulla modalità di risposta ai cambiamenti del mondo del lavoro: “L’analisi dei fabbisogni formativi, quelli delle persone e quelli delle aziende, deve avere una riconosciuta centralità, e importantissimo per noi è il raccordo con le parti sociali che ci mettono in connessione con il mondo del lavoro reale”.

Una realtà che Paolo Tempini e Franco Belotti hanno portato nel convegno raccontando di come le politiche attive per il lavoro hanno permesso di costruire i percorsi di un’alternativa occupazionale per lavoratori del Gruppo L’Alco e delle Industrie Pasotti, impresa commerciale la prima, metalmeccanica la seconda, ricorse alla procedura fallimentare.

 

Un trend demografico impietoso

Il nostro sistema produttivo non può permettersi di sprecare esperienza e disponibilità alla riqualificazione dei suoi lavoratori. “Il trend demografico è impietoso: – ha spiegato Francesco Seghezzi, presidente di Adapt – sono venuti a mancare al mercato del lavoro un milione di giovani, un vuoto compensato in buona parte dagli immigrati, spesso utilizzati dalle imprese per risparmiare sui contratti, ridurre i costi di produzione e vendere i prodotti a prezzi più bassi di quelli di mercato”. Agli effetti distorsivi del dumping contrattuale e sociale si aggiungono poi i problemi di competenze insufficienti. A conferma che serve ancora tanta formazione di base.

 

70mila opportunità di lavoro
da occupare attraverso l’adeguamento delle competenze

Sull’impatto della demografia si è soffermato anche Enzo Mesagna, segretario regionale Cisl: “Nel 2001 – ha detto – tra gli occupati c’erano 4 lavoratori sotto i 35 anni per ogni lavoratore con più di 55. Nel 2021 questo rapporto è di 1 a 1. In Lombardia nei prossimi cinque anni si calcola che il sistema produttivo avrà bisogno di 900mila lavoratori: 180mila l’anno. 110mila sono quelli che dovrebbero uscire dai percorsi scolastici e restanti. I restanti dovremo saperli recuperare, formare e riqualificare tra coloro che saranno coinvolti nei processi di mobilità delle transizioni in atto, tra i disoccupati, i percettori del reddito di cittadinanza, con un’attenzione particolare ai giovani”.