Lavoro pubblico. Furlan (Cisl): i furbetti vanno licenziati, il merito deve essere premiato
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Lavoro pubblico. Furlan (Cisl): i furbetti vanno licenziati, il merito deve essere premiato

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Pubblicato il 19 Febbraio 2017

La riforma della Pubblica amministrazione taglierà il traguardo giovedì prossimo, quando in Consiglio dei ministri approderanno gli ultimi decreti attuativi e il nuovo Statuto del lavoro pubblico. La Cisl – spiega oggi il segretario generale Annamria Furlan in una intervista a Repubblica  – condivide molti aspetti della riforma ma ribadisce che salari e meritocrazia vanno fissati nei contratti e non dalla legge.

 

L’INTERVISTA

I furbetti vanno puniti e il merito premiato, non c’è dubbio. Ma il ministro sbaglia se pensa di fissare per legge gli obiettivi su cui valutare i dipendenti pubblici. Annamaria Furlan, 56 anni, segretario nazionale della Cisl, giudica “un passo in avanti” la riforma della Pa. Ma è scettica sull’ultima novità presentata dal ministro Madia e che potrebbe essere inserita in settimana nella revisione del Testo unico sul Pubblico impiego. Legare il salario accessorio dei dipendenti pubblici a nuovi criteri generali, che misurino i servizi effettivamente erogati ai cittadini. Parametri su cui il ministero starebbe già lavorando, coadiuvato da una commissione di cinque tecnici. La materia, come tutte quelle che riguardano la produttività, va affidata alla contrattazione, nazionale e decentrata, sul modello del settore privato, replica Furlan. Che chiede piuttosto al governo di assicurare le risorse necessarie per il rinnovo del contratto, i famosi 85 euro mensili per dipendente:  I due miliardi stanziati non bastano, ce ne vogliono altri due.

Intanto il governo ha approvato il decreto bis contro i “furbetti del cartellino”: chi è colto in flagranza è licenziabile entro 30 giorni. Giusto?
Lo avevamo detto anche per la prima versione del decreto, siamo d’accordo.

Sugli assenteisti seriali invece toccherà al contratto nazionale stabilire le sanzioni. Come arginare il fenomeno?
Intanto è positivo che sia l’Inps a fare i controlli sia per il pubblico che per il privato. E poi credo che la chiave sia responsabilizzare in misura maggiore i lavoratori e i dirigenti.

Significa sanzioni più severe? Nel 2015, su 8.259 procedimenti disciplinari aperti, solo il 3,5% si è chiuso con il licenziamento…
Non possiamo lasciare che una quota minoritaria di assenteisti, di cui parliamo da mesi, offuschi l’abnegazione con cui ogni giorno lavorano infermieri o vigili del fuoco, che da sette anni non vedono aumenti di stipendio. Puniamo il malcostume, siamo pronti a questa battaglia, ma il problema si risolve creando uno spirito di squadra negli uffici pubblici e valorizzando il merito.

Il problema è come si misura questo merito. D’accordo con la proposta del ministro Madia di fissare dei criteri generali per valutare le performance, legati alla qualità dei servizi offerti?
Il superamento della valutazione solo “individuale” dei dipendenti, prevista dalla riforma Brunetta, è un passo avanti. Ma gli obiettivi del servizio pubblico non possono che essere fissati sul territorio, ospedale per ospedale, Comune per Comune. Quindi stabiliti attraverso la contrattazione territoriale, come tutto ciò che riguarda la produttività. Nel privato già succede così.

Ma il settore pubblico non ha esigenze diverse, per esempio garantire uniformità di servizi su tutto il territorio? Ci vogliono dei criteri comuni.
È evidente che i servizi devono avere standard uniformi in tutta Italia, non è accettabile che le liste d’attesa varino da Regione a Regione. Ci possono essere obiettivi generali fissati dal contratto nazionale, ma poi l’organizzazione del lavoro deve tenere conto delle peculiarità locali. La bozza di Testo unico è troppo invasiva in questo senso, per questo chiedo al governo di riconvocarci dopo essersi confrontato con gli enti locali. Bisogna uniformare la contrattazione nel settore pubblico a quella privata, anche detassando il salario di produttività.

Seguendo la stessa logica il Jobs Act non andava applicato anche al pubblico impiego?
Nella Pa si accede attraverso concorso, non è la stessa cosa.

A proposito di accessi, l’età media dei dipendenti pubblici viaggia verso i 54 anni.
Per questo la stabilizzazione dei 50 mila precari è un’ottima notizia. Così come lo sblocco del turnover di cui ha parlato il ministro Madia, che deve scattare il prima possibile.

La prossima partita è il rinnovo del contratto: bastano i 2,1 miliardi stanziati per assicurare a tutti un aumento di 85 euro in busta paga?
No, ci vogliono almeno altri 1,5-2 miliardi da stanziare per il 2018 nella prossima legge di Bilancio. Cominceremo a discutere il rinnovo subito dopo l’approvazione del Testo unico, entro la prima metà dell’anno. E speriamo di chiudere il prima possibile.

Elezioni anticipate sarebbero un problema?
Il Paese deve avere una legge elettorale uniforme, ma soprattutto un governo che lavori su temi concreti. Ci vuole stabilità.