In testa al corteo che domani sfilerà per il centro di Bruxelles per arrivare in prossimità della sede della Commissione europea, ci saranno i giovani, i più esposti ai contraccolpi della crisi e all’austerità cieca che ne ha aggravato gli effetti. I sindacati europei tornano in piazza a 50 giorni dalle elezioni che dovranno rinnovare il Parlamento europeo e consegnare ai prossimi 5 anni un esecutivo dell’Unione Europea meno ossessionato dai parametri e più vicino ai problemi dell’economia reale. Crescita, occupazione e dialogo sociale sono i punti sui quali insiste la Confederazione europea dei sindacati per il nuovo cammino per l’Europa (“A new path for Europe”).
INVESTIMENTI PER LA CRESCITA
L’ETUC (European Trade Union Confederation) lancia accuse pesanti alle banche e al sistema capitalistico che per salvarsi hanno costretto gli stati membri a stornare sull’operazione dal 2008 al 2012 una somma superiore ai 1839 miliardi di euro.
Servono investimenti forti per stimolare la crescita, a cominciare dai finanziamenti per l’occupazione degli under 25. La Garanzia Giovani messa in campo dalla Commissione con la benedizione delle cancellerie (6 miliardi per formazione e prima occupazione entro 4 mesi dalla fine degli studi) rappresenta, infatti, sostiene la Ces, poco meno di un quarto di quanto stimato dall’ILO (International Labour Organization), che calcola invece in 22 miliardi di euro il budget di un piano dell’Unione realmente adeguato a promuovere l’occupazione giovanile nei 28 paesi membri.
DARE SPERANZA AI GIOVANI
“I giovani comprendono molto bene la necessità di mettere in ordine i bilanci nazionali“, dice il segretario generale aggiunto della Confederazione europea dei sindacati Patrick Itschert, “anche il presidente Barroso, però, deve capire che l’austerità non ha creato e non creerà occupazione“. L’Unione europea, aggiunge, “deve dare una speranza alle giovani generazioni, e per questo è chiamata a fare molto di più sul fronte degli investimenti per stimolare la domanda, sostenere l’istruzione e la formazione, migliorare le infrastrutture, rendere molto più dinamiche la ricerca e l’innovazione e creare impiego di qualità”.
LA CRISI E’ FINITA? FORSE PER IL SISTEMA FINANZIARIO
NON CERTO PER I CITTADINI EUROPEI
La crisi non è finita, spiega la CES (Confederaizone Europea dei SIndacati), non fosse altro perché a uscire dall’emergenza è stato il sistema finanziario ma non i cittadini europei, che quel salvataggio hanno foraggiato ingiustamente. La dimensione sociale dell’Europa, rileva il segretario generale dei sindacati europei, Bernadette Segol, “è molto indebolita, e se l’Unione europea non cambia le sue politiche i cittadini si allontaneranno sempre di più dalle istituzioni comunitarie”.
L’arretramento del modello sociale derivante dalle politiche anticrisi messe a punto dalla cosiddetta “troika” (Fondo Monetario Internazionale – Commissione Europea – Banca Centrale Europea), sta incidendo in negativo anche sulla qualità del mercato interno, che per essere realmente competitivo “deve basarsi su regole sociali solide”, e più in generale sulla dimensione sociale dell’Unione europea.
Per questo, scandisce Segol, “non possiamo credere a chi dice che il peggio è alle spalle: forse stanno meglio le banche rispetto a qualche anno fa, ma dall’inizio della crisi a oggi i lavoratori stanno molto peggio“.
testo rielaborato da conquistedellavoro.it